lunedì 28 ottobre 2013

Letta porta l’Italia alla prima conferenza Europa

Questo sabato ho avuto il piacere di assistere al discorso di apertura della prima conferenza Europa all’università della Sorbona a Parigi. Questo discorso è stato fatto da un’Italiano, Enrico Letta, che ha parlato con con competenza e piglio da leader, entusiasmando il pubblico e ottenendo una standing ovation.



Uno dei passaggi centrali del suo discorso mi ha fatto molto piacere, perchè ha confermato una mia analisi su un tema caldo, anzi bollente, della dialettica politica nazionale. Letta ha dichiarato, a rischio di essere impopolare, che il vincolo di deficit al 3% che l’Europa ci impone è stato ed è salutare per l’Italia. E che se ci fosse stato ben da prima, da quando il debito pubblico ha cominciato a crescere andando quasi fuori controllo, saremmo in una situazione ben migliore.

Che il vincolo sia salutare oggi lo si capisce immediatamente sapendo che il nostro debito pubblico (in rapporto al prodotto nazionale lordo) è il peggiore d’Europa dopo quello della Grecia, e fra i peggiori del mondo. Si intuisce che indebitarsi ancora è possibile solo con grande moderazione e solo se produce crescita.

Che lo fosse anche prima, lo si capisce pensando che fare debito pubblico è una delle tecniche più sicure delle quali un politico dispone per prendere voti, sia che abbia un effetto positivo (per esempio spingere l’occupazione in maniera durevole), sia che danneggi il Paese. La tecnica funziona perchè gli effetti negativi si manifestano con molto ritardo, quando l’elettore ha perso memoria del politico che li ha causati e quindi non lo penalizza alle urne. Da ciò l’interesse di un meccanismo esterno a tutela dei conti pubblici cioè in definitiva a tutela di noi elettori, che finanziamo lo Stato con le nostre tasse. Questo, tra l’altro, è il vincolo di bilancio dell’Unione Europea.

Un vincolo che i politici nostrani hanno quasi sempre utilizzato come capro espiatorio di una crisi profonda, quella che viviamo, della quali sono loro stessi i responsabili, avendo accumulato triliardi di debiti fatti di sprechi e di corruzione, invece che di politiche di crescita.

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