sabato 17 novembre 2012

Compraitalia

Comperare prodotti Italiani aiuta l’occupazione e la crescita, questo è chiaro. E il suo bello è che possiamo farlo tutti quanti ogni giorno, senza aspettare i politici. Peraltro, quasi un anno fa il governo Monti propose agli Italiani di preferire prodotti nostrani nei loro acquisti, appunto per sostenere l’economia del Paese. Venne criticato.

Pure io, qualche tempo fa, cominciai a diffondere questa proposta. E pure io ricevetti critiche di ogni sorta. Continuo a riceverne, ma  spesso non sono giustificate e chi ci crede fa solo del male al Paese e quindi a se stesso. Perciò in questo post ho cercato di dare delle risposte a tutti i “perchè no”, sperando che questo convinca del “perchè sì”.

Domanda. Come fa chi tira la fine del mese a comperare prodotti italiani, che sono più cari?
Risposta. Per i suoi acquisti, chi tira la fine del mese bada essenzialmente al prezzo e non può preoccuparsi di salvare il Paese. Ma occorre tenere presente che i nuclei familiari in tali ristrettezze, per quanto in aumento, sono pur sempre solo una parte dei consumatori italiani. Per tutti gli altri il discorso vale.

Domanda. Anche avendo i soldi, perchè dovrei comperare un prodotto italiano più caro?
Risposta. Qui esistono tre risposte.
La prima è che non tutti i prodotti Italiani sono più cari, in particolare se si confrontano con prodotti di origine occidentale, per esempio con prodotti americani o francesi o tedeschi.
La seconda è che molti prodotti italiani sono sì più cari, ma di migliore qualità e quindi, per esempio, durano più a lungo.
La terza è che a meno che la differenza di prezzo non sia enorme, può valere la pena di sacrificarsi: infatti ogni italiano non solo è consumatore ma anche lavoratore e quindi vittima di scelte che privilegiano il prezzo imponendo alle aziende di produrre in Paesi a basso costo.

Domanda (è la più frequente). Oggi tutto è prodotto in Cina, come faccio a comperare un prodotto italiano?
Risposta. Pochissimi sono i prodotti completamente cinesi. Completamente vuol dire non solo fabbricati, ma anche progettati e commercializzati in Cina o da Cinesi. La maggior parte sono solo prodotti in Cina.
Il “solo” può far sorridere: molti pensano che la produzione rappresenti quasi tutto il costo di un prodotto. In realtà, è spesso la parte più piccola. Quindi se comperate un prodotto made in China, ma progettato e commercializzato da un’azienda italiana, la maggior parte dei soldi va in Italia. Se invece comperate un prodotto made in China, ma progettato e commercializzato da un’azienda americana, la maggior parte dei soldi va in America.
Non ci credete? Offro un esempio, forse estremo: l’iPad.
 

L’iPad è assemblato in Cina dalla Foxconn, così come l’iPhone. Ma solo il 2% del prezzo che pagate corrisponde a lavoro effettuato in Cina (figura sopra). Senza tenere conto dei materiali, circa il 50% del prezzo che pagate, resta in Occidente, soprattutto negli Stati Uniti, come profitti della Apple che servono a pagare le migliaia di lavoratori che hanno progettato e venduto i prodotti, oltre che a remunerare gli azionisti.
E se vi fosse venuta la curiosità di sapere quanto costa l’assemblaggio dell’iPhone 5 in Cina, c’è chi lo stima a poco più di 5 Euro.

Domanda. Come si fa a dire che comperare il prodotto di un’azienda Italiana che produce in Cina aiuta i lavoratori italiani?
Risposta. Le imprese subiscono una pressione enorme da parte dei consumatori, che vogliono sempre di più a un prezzo sempre più basso. Quindi molti imprenditori italiani devono scegliere tra chiudere o delocalizzare il lavoro con minor valore aggiunto. La seconda alternativa permette loro di sopravvivere e dare lavoro a quelli che hanno potuto far rimanere in Italia. Ed sono queste persone che si aiutano, comperando i prodotti della loro azienda.

Domanda. Comperare un prodotto italiano non aiuta i lavoratori, ma gli azionisti e la finanza.
Risposta. Falso: in un economia di mercato, la maggior parte degli introiti van a remunerare il lavoro e non il capitale. In uno dei Paesi più capitalisti al mondo, gli Stati Uniti, quasi il 60% delle entrate serve a pagare i lavoratori (il resto serve soprattutto per compensare usura dei mezzi di produzione, affitti, tasse, interessi passivi, lasciando per i profitti veri e propri meno del 10%)

Domanda. Perchè dovrei comperare auto italiane, di qualità inferiore alle tedesche?
Risposta. Qui la critica mi pare giustificata, anche tenendo conto del rapporto qualità/prezzo. Ed è un dramma perchè per fare un’auto ci vuole ancora tanto lavoro e quindi quando si compra una BMW, è come se si licenziassero dei lavoratori dell’Alfa. Ammetto di non avere approfondito la questione quanto vorrei e non ho una risposta definitiva. Mi limito a segnalare il caso dei Francesi, una volta conosciuti come i produttori delle peggiori macchine al mondo, ma nonostante ciò affezionati acquirenti di Renault e Peugeot, probabilmente riconoscendo un interesse nazionale nella loro scelta.

Domanda. Perchè devo darmi da fare io, ultra-tassato, quando i politici sono strapagati e ladri e la pubblica amministrazione costa una fortuna?
Risposta. I politici hanno i loro doveri, la pubblica amministrazione è pagata per servirci. Ovviamente dobbiamo pretendere integrità e competenza dai nostri rappresentanti e dai nostri servitori pubblici. Ma questo non vuol dire che dobbiamo abbandonare il Paese e annullare il nostro impegno civile fintanto che loro non si mettono in riga.

Domanda. E cosa può fare la politica per rendere più appetibili i prodotti italiani?
Risposta. Ecco qualche idea, dalle più banali alle più creative.
La prima è abbassare il costo del lavoro, senza però abbassare gli stipendi, riducendo il cuneo fiscale. Questo sarà possibile solo progressivamente, in particolare grazie a un buon bilancio pubblico.
La seconda è allocare meglio i finanziamenti pubblici alle imprese, introducendo dei vincoli di competitività più forti.
La terza è lanciare una campagna pubblicitaria con volti famosi a sostegno dei prodotti italiani, rendendoli più “cool” e quindi aumentandone il valore aggiunto.
La quarta è inserire nelle etichette dei prodotti un’indicazione di “quanto” è italiano il prodotto, con diversi livelli, come l’etichetta energetica. La certificazione 100% Made in Italy (Legge 166 del 2009, Art. 16) è solo un primo passo.

E adesso, niente più scuse, la prossima volta che entrate in un negozio, italiano, pensateci e spendete bene!

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