martedì 8 ottobre 2013

Disuguaglianza e IMU

Nell’ottobre 2011, due anni fa, la questione della disuguaglianza economica, cavallo di battaglia del socialismo e del pensiero progressista, fece prepotentemente irruzione nella rivista liberal per eccellenza, l’Economist, che gli dedicò uno special. Il punto era che la disuguaglianza stava – e sta ancora – aumentando in molti Paesi sviluppati, nonostante ci si aspettasse che diminuisse. E la tesi era che più disuguaglianza fosse un guaio non solo per i più poveri, ma anche per la vasta maggioranza dei cittadini. Un brutto guaio economico, sociale, e politico.

Due mesi dopo quel rapporto, anche l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) pubblicò un importante studio sulla disuguaglianza. Stessa diagnosi dell’Economist e forte preoccupazione. L’Italia si piazzava fra i Paesi moderni più diseguali al mondo, non lontano dagli Stati Uniti, a causa di un peggioramento del 15% dai primi anni novanta al 2008, inizio della crisi. Questo tenendo conto di tutti i meccanismi di perequazione (tasse e sovvenzioni) che compensano in parte la disuguaglianza.

Pochi mesi fa nuovi dati sono arrivati e l’OCSE ha pubblicato un aggiornamento, per coprire gli anni tra 2008 e 2010, i primi della crisi. Si conclude che le cose sono peggiorate. In Italia la disuguaglianza è aumentata di un altro punto percentuale, laddove in altri Paesi di tradizione meno sociale, come l’Inghilterra, l’impatto della crisi sulla disuguaglianza è stato quasi completamente neutralizzato dalla progressività delle contromisure. Prendendo altri indicatori è andata ancora peggio: durante la prima fase della crisi il 10% più povero degli Italiani ha perso quasi il 20% del suo reddito disponibile, mentre il 10% più ricco ne ha perso neanche il 3%. Provate a togliere un quinto del suo reddito a una famiglia che già tirava la fine del mese prima della crisi.

E questi risultati riguardano solo l’inizio della crisi. I dati più recenti sulla povertà in Italia sono ancora più preoccupanti (per esempio quelli elaborati da Coldiretti o da Eurostat). La disuguaglianza è oggi al centro dell’attenzione in tutto il mondo moderno.

È in questo contesto che va vista l’idea di non eliminare la prima rata dell’IMU per le case con rendita catastale elevata, che si deciderà in Parlamento (emendamento proposto rispetto al decreto legge 102/2013). Condivido disposizioni di questo genere perchè possono contribuire a ridare ossigeno alle famiglie meno ricche, che sono il vero motore dei consumi e quindi della crescita di cui il Paese ha bisogno. Crescita vuol dire lavoro, anche e soprattutto per quelli che poveri diventano quando il lavoro lo perdono o non lo trovano.

Tutta la difficoltà è calibrare la soglia di reddito per garantire un gettito minimo senza costi politici proibitivi, che frenerebbero altre riforme ancora più importanti. Siamo sicuri che 750 euro siano il compromesso migliore, visto che così si colpirebbero quasi 5 milioni di abitazioni? Tra cui molte sono sopravvalutate rispetto a dimore più ricche, a causa del nostro obsoleto sistema catastale.

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